Guardiamoci allo specchio e poniamoci questa domanda: “Che tipo di madre voglio essere?”
Possiamo scegliere di essere madri giudicanti e perennemente in competizione.
In competizione positiva e negativa, sia per osannare le qualità dei propri pargoli che per metterne in evidenza le difficoltà gestionali. Senza mai fare un passo indietro per soffermarsi a guardare e capire. Senza volerci manco provare, a capire. Perché in realtà basterebbe così poco, per capire.
Capire che c’è un momento per parlare e uno per tacere. Capire che non sempre il giusto e lo sbagliato sono oggettivamente identificabili e universalmente validi. Capire che il dolore può celarsi dietro il migliore dei sorrisi.
In alternativa, possiamo scegliere di essere madri accoglienti, in grado di accettare senza giudicare le paure ed i fallimenti altrui. Perché quelle paure e quei fallimenti sono anche i nostri e screditare l’altro non ci aiuterà a sbarazzarcene o a farci sentire migliori.
Abbracciare il dolore e le difficoltà altrui può invece infonderci il coraggio necessario per affrontare e superare le nostre.
Un mattone può demolire e può costruire, dipende dall’uso che ne vogliamo fare.
“Another brick in the wall” cantavano i Pink Floyd.
Il contesto era tutt’altro, ma quest’inno universale alla libertà esorta a erigere muri per avvolgere e unire, anziché per dividere.
E allora smettiamola di puntare il dito e abbracciamoci di più. Smettiamola di odiarci e costruiamo insieme una comunità di mamme solidali, forti e unite.
Creds: L'illustrazione è opera della mia amica bravissima Gaia @thecurvygirlfromberlin
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